Quando lavora alla traduzione dell’Odissea, Thomas Edward Lawrence è ormai da dieci anni “Lawrence d’Arabia”, un mito. Arruolatosi nella Royal Air Force sotto falso nome – risulta come T.E. Shaw – opera nell’attuale Pakistan, tra Karachi e Miranshah, in una missione sepolta da molti segreti. A Bruce Rogers, il leggendario tipografo americano che riesce a stanarlo e a commissionargli il lavoro, Lawrence risponde schermandosi: “Non sono in grado di tradurre come gradirebbe Omero... Il libro sarà pubblicato senza il nome del traduttore”. Siamo nel gennaio del 1928; esattamente un anno dopo lo scrittore guerriero sarà rispedito in Inghilterra: pare ci sia lui dietro la rivolta che ha rovesciato Amanullah Khan, potente emiro afghano alleato con i sovietici, benvoluto da italiani e tedeschi, nemico dell’impero britannico. Nei momenti di pausa dalle azioni militari, T.E. Lawrence sprofonda nell’Odissea, “il primo romanzo europeo”, scrive. L’Odissea secondo “Lawrence d’Arabia” – di cui si propone un’antologia di brani scelti – è pubblica nel 1932, diventando, inaspettatamente, un classico, un libro di culto: nel primo anno “brucia” oltre 12mila copie. Merito di una traduzione moderna che conserva la patina arcana dell’originale, che si legge come un sortilegio – o come la testimonianza remota del più inquieto avventuriero del secolo.