Quando raccontiamo di noi, facciamo uso della nostra memoria autobiografica. Questa colloca i nostri ricordi in un tempo e uno spazio condivisi, ma la memoria conserva traccia anche di ricordi differenti, che stanno in un tempo difficilmente condiviso (un momento di rossore, l’attesa di una donna, il profumo di una focaccia associato alla nostalgia di non sappiamo cosa): sono ricordi intimi, difficili da comunicare, involontari, altamente significativi e ineludibili. Fanno parte di quello che chiameremo un tempo intimo. Parlano di risonanze. Rimandano ai modi nei quali, dentro al mondo, palpitiamo. Ben conosciuto dalla letteratura, questo tipo di memoria appartiene anche al campo di interesse di chi adotta una prospettiva biografica nelle scienze sociali. Le biografie appaiono più vive se noi teniamo conto di questo tipo di memorie. Il linguaggio, certo, si deve adeguare all’oggetto: un certo apparato concettuale lo sostiene, ma quel che si deve fare è, soprattutto, ascoltarsi, ascoltare e spingersi a narrare.